Scandalo! La Mercedes Benz, marchio di lusso per antonomasia, ha utilizzato l’immagine del Che Guevara – “el guerrillero heroico”, secondo la mitologia castrista – nel corso d’una iniziativa promozionale organizzata in quel di Las Vegas, città che della morale capitalista è, per molti aspetti, il più fedele e rilucente specchio. Ma a stracciarsi le vesti in pubblico, non sono stati, in quest’occasione, i rivoluzionari di tutto il mondo, in grande maggioranza ormai mitridatizzati di fronte all’uso della propria icona come marchio commerciale (e anzi, da tempo, essi stessi più che desiderosi – come può testimoniare chiunque abbia visitato un qualsivoglia negozio per turisti a Cuba – d’abbandonarsi a un analoga pratica). No. A gridare allo scandalo sono stavolta – e non è la prima volta – i cubani dell’esilio. O, per meglio dire, quella specifica parte dell’esilio che (numericamente minoritaria, ma ancora, per molti aspetti, politicamente egemone) va sotto il nome di “linea dura” (dura, vien da dire, soprattutto di comprendonio). Il Che Guevara – questo il senso ultimo d’una protesta che, in un fiorire di minacce di perenne boicottaggio del marchio, non ha esitato ad avanzare paragoni con Adolf Hitler e con Iosif Vissarionovich Dzhugashvili, detto Stalin – altro non è che un assassino. Ed è – di fronte agli eredi delle sue molte vittime – inammissibile che una compagnia automobilistica utilizzi la sua immagine per farsi pubblicità…Leggi tutto l’articolo nel blog di Massimo Cavallini su Il Fatto Quotidiano